L’immancabile presenza di un pollaio occupato in prevalenza da galline, addhrine, e qualche gallo, addhru, consentiva di avere uova e, all’occorrenza, carne fresca e genuina perché i pennuti, scalisciando, razzolando liberamente, raspando nel terreno, si nutrono di insetti, vermi ed erba spontanea; con le penne migliori si realizzavano ventagli adoperati per alimentare il fuoco del camino. Quando dovevano rientrare nel pollaio la voce di richiamo è na, na, pi-pì, na, na (acc. circon. sulla a), mentre per allontanarle è sciò!
Il pastone distribuito agli animali della masseria richiama numerosi e diversi uccelli che talvolta provengono dalla macchia mediterranea, dalle residue formazioni boschive o dalle zone umide e paludose oppure colonizzano alcuni ruderi della masseria come tordi, merli, fringuelli, gufi, gazze etc. etc.; a questi si aggiungono stagionalmente i cosiddetti uccelli migratori.
Per alcune attitudini similari, al lupo si può affiancare la volpe, dialettale urpe/i: nemica dell'uomo fin dalla più remota antichità, considerata unanimemente l'incarnazione della furbizia e della scaltrezza, della subdola astuzia: motivi che la screditavano e la rendevano malvista. La sua abituale condotta la porta ad appostarsi nottetempo nei pressi del pollaio - soprattutto quello costruito male o non protetto da una robusta recinzione -, ad introdurvisi per fare stragi di galline di cui è particolarmente ghiotta. È anche una formidabile cacciatrice di topi.
Nella masseria gli animali più dannosi al raccolto dei cereali erano (e sono) soprattutto i topi; per debellarli ci pensava l’immancabile ed efficiente gatto, ospitato per svolgere questa importantissima funzione, in dialetto definito musciu al maschile, muscia al femminile, probabilmente eco del termine proveniente dal latino mus-cio o musio, che significa proprio “cacciatore di topi”.
Anticamente il lupo abitava nel vastissimo manto boschivo che ricopriva il territorio dell’antica Terra d’Otranto; del resto, i sostenitori della romanità di Lupiae, l’antica Lecce, riconnettono il suo nome al lupo il quale è posto sotto l’albero di leccio, costituendo l’emblema civico. Un’altra sopravvivenza della sua presenza sono i nomi di alcune famiglie locali, come Lupo e Luperto.
Una Madre che perde un Figlio e di notte; prima che giunga la festa lo accompagna straziata dal dolore nel suo ultimo viaggio.